La remunerazione delle fidejussioni e garanzie rilasciate da persone fisiche non professionali: un mercato non regolamentato

Le più recenti pronunce, sia di merito che di legittimità (Ord. Trib. Verona 06/10/2020; Cass. Civ. Sez. III, n. 5833 del 28/02/2019) aprono la strada alla remunerazione dei contratti di fidejussione, mettendone in risalto la vera natura giuridica in quanto non appartengono alla categoria dei contratti cosiddetti “bancari”.

Va preliminarmente chiarito che l’articolo 1936 del codice civile individua unicamente colui che assume la veste di fidejussore, ovvero chi si obbliga personalmente per l’adempimento di un’obbligazione altrui.

Per individuare compiutamente quale sia la natura del contratto di fidejussione, se ne debbono analizzare forma ed oggetto. Se si va a fondo, ci si rende conto che tale analisi porta oltre l’attuale convincimento, forse un po’ distratto, nel riferirsi all’art. 1936 c.c. quando si parla di contratto di fidejussione.

L’analisi di forma e oggetto che contraddistinguono il contratto di fidejussione maggiormente diffuso, conduce ad una, ed una sola conclusione: che si tratta di un contratto unilaterale (Cass. Civ. Sez. VI, n. 742 del 16/01/2020) nel quale non c’è sinallagma, ossia non v’è una controprestazione in favore del fidejussore (Circ. Min. Finanze n. 165 del 24/06/1998).

Il contratto di fidejussione è quindi unilaterale in quanto sottoscritto unicamente dal fidejussore, il quale lo invia al destinatario creditore. Al suo interno non vi sono a carico del creditore obbligazioni in controprestazione a favore del fidejussore, se non quelle di principio generale sancite dai doveri di buona fede, comportamento secondo correttezza e protezione (Cass. Civ. Sez. III, n. 32774 del 13/12/2019).

V’è inoltre da considerare che il creditore destinatario del contratto inviatogli dal fidejussore può far valere il proprio formale rifiuto laddove l’atto preveda obblighi a carico del creditore stesso, superando così le presunzioni di cui agli artt. 1326 e 1335 c.c..

Pare ineludibile, quindi, che la fidejussione sia un contratto con obbligazioni a carico del solo proponente ai sensi dell’art. 1333 c.c.. Ciò trova ulteriore conferma dall’esclusione di tale atto tra quelli per i quali è richiesta la forma scritta di cui all’art. 1350 c.c. e se si considera che la volontà di prestare fidejussione può essere manifestata anche solo verbalmente, purché in modo inequivocabile (Cass. Civ. Sez. I, n. 3628 del 24/02/2016; Cass. Civ. Sez. III, n. 13539 del 13/06/2014).

Per quanto appena descritto sembrerebbe naturale, quasi logico, aderire alla tesi della gratuità delle prestazioni di garanzia rilasciate dalle persone fisiche “non professionali”, le quali, a differenza dei soggetti professionali (Banche, Consorzi Fidi, Assicurazioni) non svolgono un’attività d’impresa organizzata a tal scopo.

Per le ragioni che seguono, tuttavia, aderire alla tesi della gratuità delle garanzie risulta errato.

Una recente tesi circa “l’inesistenza di un mercato delle fidejussioni” (Rivista Banca Borsa Titoli di Credito n. 1/2021, pag. 141) finalizzata per lo più a dibattere sull’assoggettabilità o meno alla normativa antitrust di tali contratti, non ha tenuto conto degli efficaci arresti sul punto da parte della Corte di Cassazione, tra i quali spicca la più recente sentenza n. 18815 del 28/07/2017 che ha sancito la natura onerosa delle Lettere di Patronage (c.d. “Lettere di gradimento”) generalmente rilasciate nell’ambito di gruppi di imprese o da parte di enti pubblici in favore di società partecipate per la realizzazione di progetti di interesse pubblico.

Con questa sentenza, che vedeva l’Agenzia delle Entrate parte controricorrente, gli Ermellini si sono pronunciati stabilendo i seguenti principi, di indelebile rilevanza, in favore del contribuente:

  • l’inerenza dei costi per commissioni di garanzia riconosciute al Patronnant;
  • l’assenza di una presunzione di gratuità, all’interno dell’ordinamento giuridico, che assista le concessioni di garanzia;
  • la violazione dell’art. 109 Tuir, da parte della Commissione Tributaria Regionale, in quanto “norma che non imponeva la gratuità delle prestazioni, contenendo invece un riferimento al valore nomale delle stesse prestazioni…rinviando all’art. 9 Tuir“;
  • l’insufficiente motivazione della Commissione Tributaria Regionale riguardo al criterio di calcolo della commissione di garanzia riconosciuta al Patronnant.

La fidejussione è, quindi, al pari della Lettera di Patronageforte”, un contratto con obbligazioni a carico del solo proponente ai sensi dell’art. 1333 c.c. e ad entrambe le fattispecie va esteso l’ambito applicativo della sentenza sopra esaminata.

La sentenza è di particolare pregio nella parte in cui l’amministrazione finanziaria non è stata in grado di provare quale fosse il valore normale della commissione di garanzia contestata nel quantum al Patronnant.

Se, infatti, la Lettera di Patronagedebole” non configura una vera e propria obbligazione fidejussoria perché contiene unicamente il mero riconoscimento del Patronnant che un’altra società è una sua sussidiaria controllata, al contrario la Lettera di Patronageforte” è stata saldamente ricondotta dalla giurisprudenza alla stregua dell’obbligazione assunta dal fidejussore (art. 1936 c.c.) secondo lo schema negoziale delineato dall’art. 1333 c.c., “in quanto non si configura una promessa del fatto del terzo, bensì un’obbligazione assunta in proprio dal Patronnant, costituente impegno giuridico vincolante di natura contrattuale e con finalità di garanzia (Cass. Civ. Sez. I, n. 32026 del 09/12/2019; Cass. Civ. Sez. I, n. 10235 del 27/09/1995; Trib. Milano, 22/06/1995).

Partendo da questi principi, ben governati dalla Suprema Corte, non può escludersi in radice l’esistenza di un “mercato delle fidejussioni rilasciate da soggetti non professionali. La sentenza traccia un nuovo solco, ponendo l’accento sul presupposto che la prestazione di garanzia non è gratuita, bensì onerosa e ciò anche nel silenzio delle parti (creditore, debitore e garante).

Per quanto concerne la determinazione dell’onere (o compenso) di una garanzia, si tratta di un’entità di non semplice rilevazione, che richiede specializzazioni adeguate. Anche la Corte di Giustizia Europea, nella causa C-74/15, con l’ordinanza del 19 novembre 2015 ha stabilito che “tale impegno comporta, per colui il quale vi acconsente, obblighi onerosi che hanno l’effetto di gravare il suo patrimonio di un rischio finanziario spesso difficile da misurare”.

Nel prosieguo di questo scritto, mi limiterò a trattare solo alcuni aspetti, prevalentemente oggetto di disciplina fiscale, per stimolare una rilettura critica dell’attuale impostazione che il Legislatore ha fornito con i più recenti interventi in questa direzione, il cui impatto a livello di sistema non appare completamente soddisfacente.

Rispetto ad un convincimento economico, sociale, culturale e storicamente teso ad ignorarne l’esistenza, ci si affaccia quindi più concretamente al concetto di “mercato delle fidejussioni rilasciate da soggetti non professionali”, inquadrandolo come un vero e proprio mercato, pur non regolamentato, nel quale:

  • la domanda proviene dall’ Impresa che deve ottenere credito, le cui tracce sono conservate per lo più nei verbali sociali degli organi amministrativi o di controllo competenti;
  • l’offerta si manifesta con l’atto unilaterale del contratto di fidejussione, anche solo verbalmente;
  • le prestazioni di garanzia sono onerose, per quanto già detto;
  • non v’è regolamentazione specifica, come nel caso dei finanziamenti tramite piattaforme di Peer-to-Peer Lending, luogo in cui (i) si è inteso disciplinare unicamente il profilo soggettivo-tecnico dei gestori delle piattaforme ai fini di vigilanza, e (ii) nel quale non viene travalicato il confine della raccolta del risparmio in quanto le trattative sono svolte in modo personalizzato tra persone fisiche non professionali e imprese, rispettivamente prestatori e prenditori;
  • imprese e individui operano in condizioni di libera concorrenza e godono di distinta soggettività giuridica, anche fiscale, e distinta autonomia patrimoniale (Cass. Civ. Sez. I, n. 26012 del 12/12/2007).

Paradossalmente, il fidejussore invocato dal creditore (la Banca) al pagamento del debito altrui, potrebbe decidere in quel momento di avvalersi di una piattaforma Peer-to-Peer Lending per veicolare al debitore principale (l’ Impresa) un “finanziamento” volto a sanare la richiesta del creditore. Aspetto, questo, che susciterebbe l’ulteriore riflessione circa il campo di applicazione dell’art. 2467 c.c. laddove il fidejussore-finanziatore fosse anche socio dell’impresa che riceve il finanziamento attraverso la piattaforma Peer-to-Peer Lending. Tenendo inoltre ben presente che, concretamente, l’erogazione materiale del finanziamento avverrebbe per mezzo della piattaforma, sotto forma di rimborso rateale.

Prescindendo dalla provocazione appena descritta, certamente praticabile, si impone una presa di coscienza circa il fatto che i soggetti non professionali partecipanti ai (due) mercati di cui si vuole qui disquisire – l’uno delle fidejussioni” e l’altro  “dei finanziamenti di piattaforme peer-to-peer lending” – s’incontrano con le medesime modalità, ossia attraverso trattative personalizzate:

  • Imprese e Garanti non professionali, nell’ambito del rilascio di fidejussioni;
  • Imprese e Finanziatori non professionali, nell’ambito di finanziamenti per il tramite di piattaforme Peer to Peer Lending: il gestore della piattaforma non può svolgere attività di intermediazione e le condizioni economiche del finanziamento vengono stabilite, in regime di libera concorrenza, unicamente tra imprese e finanziatori.

Si rende necessaria, pertanto, una breve digressione sull’analogia e le altre caratteristiche convergenti tra “mercato delle fidejussioni rilasciate da soggetti non professionali” e “mercato dei finanziamenti concessi da soggetti non professionali, per il tramite di piattaforme Peer-to-Peer Lending”, che andrebbe altresì estesa agli indici di performance [1][2] riferibili a quest’ultimo mercato in quanto utili per verificarne eventuali limiti sul piano statistico e dei controlli delle operazioni perfezionate dalle piattaforme attive nel mercato (c.d. “fintech”). Indagine che noi abbiamo condotto e della quale i dataset utilizzati dal nostro esclusivo modello di pricing del compenso per la prestazione di fidejussione o altra garanzia previsto dall’art. 44 Tuir, comma 1, lettera d) tengono conto.

Ulteriormente, se si mettono a confronto le fattispecie di Redditi di Capitale previste dal sopra citato art. 44 Tuir, ci si accorge che in seguito all’approvazione della Legge n. 205/2017 (c.d. “Legge di Bilancio 2018”), il Legislatore ha contribuito a produrre più di un discrimine [3], non solo in termini fiscali, all’interno delle medesime fattispecie: in particolare con l’introduzione della nuova lettera d-bis) al comma 1°, con la quale ha inteso disciplinare l’avanzare dell’innovazione finanziaria del Peer-to-Peer Lending.

Sembra che il Legislatore pur intervenendo al fine di regolamentare i “gestori delle piattaforme” dal punto di vista attuativo e del controllo – onerandoli al rispetto di determinati requisiti morali e professionali al pari dei soggetti vigilati – si sia occupato solo marginalmente della categoria dei finanziatori persone fisichenon professionali”, trascurando di intervenire anche sulla lettera d) del medesimo comma 1° di cui all’art. 44 Tuir, che qualifica, come visto, i Compensi per la prestazione di fidejussione o altra garanzia.

Un approccio allargato anche alla fattispecie di cui alla lettera d), infatti, ci avrebbe persuaso di una lettura sistemica [4] da parte del Legislatore, eventualmente ravvedutosi della ridondanza dei casi in cui i soggetti che prestano “fidejussione o altra garanzia”, sono, quasi sempre, persone fisiche “non professionali”. Come lo sono, ex lege, i “finanziatori di piattaforme Peer-to-Peer Lending”.

Concludo questa breve digressione sul discrimine conseguente all’introduzione della lettera d-bis) all’art. 44 TUIR, proponendo una tabella esplicativa del differente regime fiscale vigente applicato alle fattispecie di Redditi di Capitale che interessano questo scritto:

Tipologia Reddito di Capitale art. 44 TUIR Riferimento Regime Fiscale
Interessi e altri proventi derivanti da mutui, depositi e conti correnti; Comma 1, lettera a) Ritenuta d’Acconto 26%
I compensi per prestazione di fidejussione o di altra garanzia Comma 1, lettera d) Ritenuta d’Acconto 26%
I proventi derivanti da prestiti erogati per il tramite di piattaforme di prestiti per soggetti finanziatori non professionali (piattaforme di Peer to Peer Lending) ………… Comma 1, lettera

d-bis)

Ritenuta a Titolo d’Imposta 26%
Gli utili derivanti dalla partecipazione al capitale o al patrimonio di società ed enti soggetti all’imposta sul reddito delle società….. Comma 1, lettera e) Ritenuta a Titolo d’Imposta 26%

Criticabile risulta anche la scelta del Legislatore di attribuire al frutto derivante dalla concessione di finanziamenti per il tramite di piattaforme Peer-to-Peer Lending, la definizione di “provento”. Tale terminologia sembra un ibrido (ma non lo è!) di quelle utilizzate nelle altre casistiche.

Questa scelta getta ulteriori dubbi sull’ipotesi di un concreto approccio “sistemico[5] [6] adottato dal Legislatore in sede di introduzione della nuova disciplina dedicata a questo ramo dell’innovazione finanziaria.

Vien da chiedersi per quale ragione si sia deciso di riservare un differente regime impositivo a casistiche che accolgono, come visto, fattispecie pressoché identiche riguardo ai requisiti soggettivi del contribuente, che rimane non professionale sia nel caso percepisca un Compenso per prestazione di fidejussione o altra garanzia di cui alla lettera d, comma 1, art. 44 Tuir, sia nel caso percepisca Proventi derivanti da prestiti erogati per il tramite di piattaforme di Peer-to-Peer Lending di cui alla lettera d-bis, comma 1, art. 44 Tuir.

L’attuale regime fiscale meriterebbe quindi un ripensamento (non sarebbe la prima volta) sia per rendere la “famigliadei Redditi di Capitale più equa e capace di realizzarsi secondo la “capacità unificatrice della Costituzione[7] , sia per scongiurare il proliferare di futuri contenziosi domestici.

Risolti i dubbi sull’onerosità della fidejussione, si può affermare che l’analisi circa l’esistenza di un “mercato delle fidejussioni rilasciate da persone fisiche non professionali” conduce ad un esito positivo, seppur questo mercato risulti escluso da quelli dominanti e soggetti a specifici regolamenti (Circolare Agenzia Entrate n. 32/E del 23/12/2020).

Va ricordata inoltre la piena autonomia contrattuale di cui dispongono debitore e fidejussore, i quali possono disciplinare in qualsiasi momento il riconoscimento di una remunerazione in favore di colui che presta garanzia.

Per determinare il pricing del compenso che una persona fisica può richiedere all’impresa che beneficia della garanzia prestata, è necessario affidarsi ad esperti che utilizzano parametri oggettivi, puntuali e verificabili.

Concludo con l’auspicio che in tema di fidejussioni e garanzie possa affermarsi rapidamente un cambio di paradigma, capace di superare il divario informativo tra soggetti professionali e non professionali; e che, allo stesso tempo, permetta di realizzare pienamente i fondamentali costituzionali favorendo l’equilibrio tra privati e sistema in tutte le sue declinazioni: sociale ed economico.

[1] Barclays Capital Fixed ABS Index (US e Pan European): indici di riferimento dei titoli derivanti da operazioni di cartolarizzazione di crediti al consumo

[2] ADAIR MORSE (Peer-to-Peer Crowudfunding – Working Paper 20899), gennaio 2015

[3] Diritto Bancario: Regime fiscale agevolato per il peer-to-peer lending a rischio trattamento discriminatorio | Diritto Bancario (http://www.dirittobancario.it/news/fiscalita-finanziaria/regime-fiscale-agevolato-il-peer-peer-lending-rischio-trattamento-discriminatorio)

[4] PERLINGIERI, Rass. Diritto Civile, n. 4/1985, pag. 990

[5] PERLINGIERI, Rass. Diritto Civile, n. 4/1985 “..il senso del sistema si deduce non nello splendido isolamento della relazione dell’interprete con il contenuto delle singole norme ma pur sempre confrontando la singola norma con tutte le altre, particolarmente con quelle di rango superiore, verificandone altresì la coerenza costituzionale, cioè la legittimità e quindi la legittimazione” pag. 1014

[6] S. PUGLIATTI, Gli istituti del diritto civile, I, Milano, 1943, pag. 8, ha nitidamente scritto che “le valutazioni giuridiche costituiscono, nel loro insieme, un sistema normativo… Gli istituti, pertanto, si costruiscono non più sul corpo unitario del codice e nemmeno su quello indipendente e chiuso di questa o di quella legge speciale ma su quello dei principi, dei valori e degli interessi delineati in una fonte gerarchicamente superiore che svolge ad un tempo il ruolo di limite e quello attivo di giustificazione politico-giuridica delle singole discipline che ad essa devono conformarsi pena la loro invalidità sostanziale e formale

[7] N. IRTI, I frantumi del mondo, pag. 231

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